Nanaue è il nome di una band, di un album e di una canzone.
Ognuna delle incarnazioni di questo nome, ovvero il duo compositivo formato da Emiliano Deferrari e Matteo Nahum, il loro album – in uscita per Gutenberg Music -, e la title track – che racconta di una creatura e della sua inconciliabile lotta tra le dolcezze dell’amore e il carnivoro odore del sangue -, può essere descritta utilizzando le stesse parole: libertà compositiva, creatività, anacronistica passione per il racconto, matrimonio perfetto tra libera ispirazione, sudore della performance e ricerca formale.
Il matrimonio a tre potrebbe sembrare scandaloso, ma l’ascolto della sezione ritmica pulsante, delle storie “recitate – cantando” insieme alla purezza degli archi amalgamati con legni ed ottoni non lascia dubbi. Parlare di rock, prog, song-writing, avant-pop non porta lontano da Nanaue, ma non ne descrive pienamente la complessità.
Per chi è alla ricerca di marchi forse “art rock” è il più azzeccato, soprattutto perché Matteo Nahum ed Emiliano Deferrari, entrambi polistrumentisti, approdano a questo progetto dopo diversi lavori solisti e le più disparate collaborazioni artistiche, strettamente musicali (il jazz, il prog, la musica d’autore, il klezmer) ma anche legate alla danza, al teatro, alla performance e alle arti visive.
Nanaue è una band che scrive canzoni, e l’album ne contiene una raccolta omogenea e variegata al tempo stesso, dal prog di Charming Gaze, al blues di Eternal Lover, dal latin funk di Meet the Aeolist al gospel finale di Sleepy Drive, inserito in una tela armonica wagneriana. In fondo parlare di musica è una delle attività più frustranti, e piuttosto che parlare, di Nanaue si dovrebbe “ascoltare”.
E’ un invito…